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I fashion brand adesso vivono di storie

Protagonisti di questa trasformazione sono stati in prima battuta i fashion film: cortometraggi, spesso commissionati a registi di spicco, in cui i capi d’abbigliamento sono onnipresenti ma non protagonisti, al massimo comprimari. A guidare sono la storia, gli attori (spesso stellari) e le scenografie (da urlo).

Come obiettivi, il fashion film non si allontana troppo dalla fashion photography: mostrare i capi di abbigliamento e legarli a un mood specifico e indimenticabile. I vantaggi, però, sono numerosi:

Vediamo qualche esempio. Potremmo cominciare da Castello Cavalcanti, il corto girato da Wes Anderson per Prada.

La stessa Prada ha affidato a Roman Polanski il suo corto A Therapy, con Ben Kingsley.

Guardando a un brand più mass market, c’è lo sbalorditivo The Secret Life of Flowers, girato per raccontare la collezione H&M by Erdem nientedimeno che da Baz Luhrmann (regista di Moulin Rouge, Australia, Romeo+Giulietta, Il Grande Gatsby).

A metà strada tra racconto e videoclip c’è il frenetico video girato da Spike Jonze per Kenzo World, peraltro un omaggio alla folle danza di Christopher Walken per Fatboy Slim.

Oppure c’è Walking Stories, una miniserie romantica girata da Luca Guadagnino per Ferragamo (addirittura nel 2013) che racconta una storia d’amore in giro per il mondo.

Un caso un po’ a sé è A Single Man, il film girato dallo stilista Tom Ford, in cui l’estetica del fashion si mescola con quella del cinema.

Questa crescente familiarità del fashion con il racconto, maturata negli anni, ha ultimamente iniziato ad ampliare il suo dominio. Prima infatti si limitava ai fashion film di cui abbiamo parlato: in molti casi, prodotti distinti dalla comunicazione di prodotto.

Zegna — Defining Moments

Cosa ci dice questo fenomeno? Che i brand fashion e luxury, oggi, non possono più puntare unicamente sull’estetica, elemento che per la generazione Instagram è sovrabbondante e a buon mercato. Per aggiungere valore, devono creare storie e inventare mondi. Devono, in poche parole, coinvolgere nella creatività elementi esterni, magari “alieni” al mondo della moda. Perché solo contaminandosi resteranno rilevanti.

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