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Come ho creato il mio portfolio da product designer

Il portfolio è la massima vetrina per un designer — e a me è bastato un poco di user research per crearne uno davvero effettivo

Secondo una mia personale euristica, la parola portfolio è la più usata tra i designer dopo brain storming — è al pari di implementabile per gli sviluppatori.

E nonostante tutti i designer sulla faccia della terra parlino del loro portfolio, è spesso una tematica molto delicata e complessa: un bel problema da risolvere.

Come lo faccio? Cosa ci metto dentro? A chi lo faccio vedere? Come faccio a renderlo efficace e memorabile?

Io stesso credo di aver passato più fasi di portfolio che ondate di acne durante l’adolescenza — ed è normale: il portfolio è un’estensione naturale del mondo del designer sia in quanto professionista che in quanto persona.

È un’entita viva che si trasforma e muta, di progresso in progresso.

Ciò non vuol dire che non è possibile creare un portfolio efficace fin da subito.

Ed è qui che entra in campo il product designer che è in me.

Il portfolio è avvolto da un’aura mistica, perchè spesso pensiamo a quelli di designer famosi o ai siti eccezionali che ci ispirano a crescere e progettare.

Ma spostando un po’ quel velo è chiaro che il portfolio è un prodotto digitale come altri.

Quindi procediamo come con un qualunque altro lavoro nel magico mondo dei digital products.

Qual è la fase uno?

Capire l’utenza finale a cui andrà consegnato il prodotto.

Easy peasy.

Con un po’ di ricerche in giro, non è complesso arrivare a definire le caratteristiche dell’utente finale, che chiameremo user:

I ritratto è pronto — abbiamo stilato una lista di bisogni e di necessità. Se vogliamo fare i precisini, possiamo stilare anche ciò che lo user non vuole, ovvero:

I motivi per cui accede al portfolio possono essere vari, da un’assunzione all’analisi delle risorse umane, ma in generale il focus è sui tuoi contenuti e le tue capacità.

Possiamo andare alla fase due — progettare l’esperienza.

Il prodotto che andremo a creare, per avere successo, deve fornire senza attriti e frizioni quello che l’utente vuole il prima possibile e senza interpellare l’utente.

E cosa vuole lo user?

Il campo d’azione e i tuoi lavori.

Queste due cose devono trovarsi sulla tua homepage, da nessun’altra parte.

La struttura del portfolio ideale, infatti, dovrebbe essere così:

I contenuti essenziali e di immediata necessità, ovvero i bisogni dell’utenza, sono all’interno del box e sono quelli delineati sopra.

La tagline spiega cosa faccio (digital product design and user experience) ma il focus è sul perchè lo faccio — una chicca appresa dal TedX di Simon Sinek che mi ha illuminato davvero:

La freccia dello scrolling esplicita che c’è altro contenuto sulla landing e cosa sarà mai?

Ma i miei lavori, of course.

In una manciata di scroll, è possibile farsi un’idea di ciò che ho già fatto — grazie alle foto degli showcase, è possibile capire e intravedere il prodotto finale e, con gli hover states, anche quale ambito e per chi.

Senza uscire dalla home e senza aver fatto più di uno scroll, abbiamo fornito all’utente quello che si aspettava, soddisfandone i bisogni primari.

C’è tutta una serie di bisogni secondari che vanno soddisfatti e che scaturiscono dai bisogni primari elencati, che sono:

Le pagine secondarie sono importanti, perchè permettono di fornire ulteriore contesto agli elementi primari.

Sono tutte raggiungibili dalla navbar, sempre presente in ogni schermata.

Eccola qui

Le sezioni principali ho deciso di caratterizzarle tutte con un header che ne sintetizza il contenuto, poi espanso sotto:

About
Write Me

Le pagine progetto poi riprendono la struttura dei progetti di Behance, quindi hanno una breve descrizione introduttiva che lascia lo spazio allo showcase sottostante.

**IMPORTANTE**

Le pagine dei progetti vanno personalizzate in base ai diversi contesti con i contenuti che l’employer si aspetta di trovare: UX process in pagine di UX design, branding process per le Brand Identity, foto HD per le illustrazioni e con correlato processo creativo, e via discorrendo.

Non mettete solo belle foto, perchè in queste pagine lo user si reca per capire come lavorate, pensate e create.

Una pagina di un mio progetto

Un sito costruito con l’utente in mente genera un’esperienza piacevole e, dunque, un positivo impatto su chi ci naviga.

Ho letto milioni di tutorial che puntavano il focus sull’essere memorabili, spesso con consigli di marketing e copy-writing spiccio.

Frasi a effetto, foto fenomenali, la solita trita e ritrita teoria dei colori, e via discorrendo.

L’impatto, invece, si crea con una identità definita — il vostro sito si differenzia dagli altri non solo per la tipologia dei contenuti in esso contenuti ma anche dalla brand identity generale.

Il mio logo

La mia brand identity è basata sulla filosofia minimal e tramite l’uso di una color palette color pastello, molto lieve, introduce l’utente a un mondo concentrato sui contenuti e sulla chiarezza, sui processi e sull’esperienza semplice e immediata.

E il mio è solo un esempio di una identità.

L’identity è, però, il tocco finale che fornisce personalità e, se ben costruita, si lega nella memoria dello user finale, creando un’esperienza che parla da sola di sè stessa.

Il portfolio è essenziale per un designer e va trattato e costruito come ogni altro prodotto digitale, ovvero pensando all’utente finale e ai suoi bisogni.

Lo user cerca di conoscere di cosa vi occupate e cosa avete fatto in primis e lo vuole il prima possibile. Eventuali approfondimenti sono secondari ma vanno forniti a portata di mano, mentre una brand identity chiara e definita dona personalità e impatto al prodotto in generale.

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